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Lungo il Corridoio di Tete

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alpini esercito militari militaria missioni onu adozioni a distanzaMi ci è voluto qualche momento per rendermi conto della situazione; poi, come svegliato da una ventata d'aria gelida, mi sono ricordato; non è un giorno qualunque: è il giorno d'una missione non pericolosa forse, ma che racchiude il fascino della "prima volta".
Sono scattato rapido: prima che i miei compagni ritirino le armi, io devo avere preparato il mio autoblindo. Con me nella tenda dormono tutti i conduttori del primo plotone e, come sempre, abbiamo leggermente anticipato la sveglia. Ma ormai, accidenti!, sono già le 03.15.
Qualche minuto dopo parcheggio il mio mezzo accanto alla tenda dell'armeria, seguito dagli altri tre del plotone; giù le rampe posteriori. Apro le porte laterali e la torretta. E' frattanto arrivato Massimiliano, che già sta provando le radio ed effettuando una prova di collegamento con la sala-radio del Comando.

Mentre lo aiuto in silenzio a montare il Trimpack sulla torretta, mi vengono in mente i primi giorni in cui lo conobbi, fresche reclute appena giunte al "Susa" dal Corso di Addestramento Reclute di Cuneo. Non è più chiuso e abbattuto, non più l'eterno contestatore: è cambiato molto. Anch'io, del resto, sono cambiato: questi ultimi tre mesi trascorsi in Mozambico stanno lasciando il segno. Il contatto con la povertà, la riduzione delle comodità, lo spettacolo a volte ravvicinato della morte non possono lasciare indifferenti neppure i più scettici avventurieri.
Ma non c'è tempo, ora, per pensare. Alle 03.40 siamo schierati davanti ai mezzi e il tenente Monti rompe il silenzio delle ore notturne per leggerci un messaggio del nostro Comandante. Me n'ero scordato: è il 16 giugno. Quasi alla medesima ora, in quel lontano 1915 iniziava un’azione – la conquista del Monte Nero - per la quale il Terzo Reggimento Alpini meritò la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Troppo lontano nel tempo - pensavo mesi addietro - per toccare altre corde del cuore che non fossero quelle dell'ammirazione.
Ora invece, scrutando i volti di questi ragazzi, traspare orgoglio e commozione: siamo figli di una tradizione che non vorremmo mai smentire.
Conosciuti i particolari della missione odierna saltiamo sui mezzi. Prove di collegamento radio. Fari, motori, movimento. Ho appena il tempo di scorgere la sentinella alla mitragliatrice,
sulla mia destra, prima di svoltare sul tratturo che porta a una delle poche strade asfaltate di questo martoriato paese.alpini esercito militari militaria missioni onu adozioni a distanza
La nebbia, nelle depressioni paludose che talvolta la strada attraversa, è compatta: gli abbaglianti colpiscono un muro bianco che silenziosamente mi fa strada. Pochi chilometri ed eccoci all'accampamento del Battaglione Logistico.

La squadra trasmissioni del Contingente portoghese ci sta aspettando: i loro due camion si inseriscono tra i nostri quattro mezzi blindati e torniamo sui nostri passi, verso ovest, verso lo Zimbabwe. Scorgo nuovamente le potenti fotocellule del nostro accampamento che scrutano l'oscurità; ma noi proseguiamo.
Ore 05.15: eccolo, finalmente, l'incrocio dal quale si diparte un'altra strada asfaltata: porta a Tete, verso nord. E' la prima volta che un plotone del nostro Contingente esce dal "Corridoio
di Beira", quella fascia di terra che le Nazioni Unite hanno affidato al nostro controllo; e, lo sappiamo, fuori dal Corridoio c'è savana quasi disabitata, totalmente in mano ai guerriglieri,
martoriata, abbandonata. D'ora in poi, ai lati del manto irregolarmente asfaltato, la terra brucia: le mine sono un pericolo ben conosciuto: in pochi minuti siamo a Vanduzi, dove un mese fa è morto il comandante del Contingente uruguayano, saltato con la sua jeep su una mina anticarro.
Quasi di sorpresa comincia ad albeggiare; attendo con impazienza i raggi del sole, a riscaldare i volti contratti dal freddo intenso. Ma l'attenzione viene repentinamente catturata dalla bellezza aspra e selvaggia di queste terre silenti: non una casa, non un segno d'uomo all'infuori della strada. E la luce si rifrange rosea sulle improvvise colline di roccia, isolate sull'altipiano. Mi domando cosa stiano pensando i fucilieri che, dietro a me, spiano questa bellezza oltre la canna del loro FAL.
Ma dura poco. Avvistiamo il rio Pongue e subito dopo il ponte, fatto saltare a più riprese dai guerriglieri, secondo la strategia del boicottaggio di tutte le strutture dei governativi comunisti: intere regioni isolate e così strappate al controllo di Maputo. Ora le strutture in cemento reggono solo metà del lungo ponte: il tratto rimanente si affida a tralicci di legno. Reggeranno il peso dei mezzi pesanti? Lo attraversa un mezzo alla volta; sono il primo e mi affido al mio angelo custode. Non è la prima volta, in questi mesi, che sono costretto all'azzardo sui ponti.
Sull'altra sponda la guerra mostra i suoi artigli in una lunga teoria di mute vestigia d'una recente violenza. Quasi inavvertitamente mi concentro sulle pietre miliari. E' la statale n° 102. Due case in muratura recano i segni inconfondibili dei colpi d'arma da fuoco in quantità sorprendenti. Poi nuovamente la natura, le altissime erbe ai lati della strada e i radi alberi della savana.

Siamo ora a mezza costa quando s'impongono alla nostra attenzione le masse arrugginite di quello che un tempo era stato un convoglio militare: riverse nella scarpata, sventrate dalle granate, le lamiere contorte sono ora soggiogate dal silenzio: le cuffie della radio e il suo soffice brusio ovattano anche il rombo dei motori. Ecco una nuova pietra miliare: il km 47.
Avanziamo lentamente. Uno dei nostri mezzi ci precede di un paio di chilometri, con funzione di scout. I contatti radio sono limitati all'indispensabile e quasi sempre su frequenza di plotone. Solo raramente segnaliamo la nostra posizione al Comando.
Il tenente mi chiede di rallentare ulteriormente: tra gli alberi, sulla sinistra, ha scorto la carcassa di un blindato russo in dotazione all'esercito mozambicano: crivellato dai colpi, il BRDM1 reca i segni di una furiosa quanto disperata battaglia.

alpini esercito militari militaria missioni onu adozioni a distanzaE' il km 101. La meta non è lontana: a Katandica lasceremo i portoghesi alla protezione di un plotone del Contingente del Botswana, cui è stata affidata la parte superiore del "Corridoio di Tete", sul quale ci troviamo. Il battaglione trasmissioni portoghese, infatti, sta dislocando squadre e plotoni in tutti gli accampamenti di ONUMOZ.
Massimiliano cerca di stabilire il contatto radio con le unità avanzate del Contingente del Botswana, oggi, in codice, "Hdo": "Hotel delta oscar, this is Albatros two three two, silence lifted; we are arrivig, out". Contatto riuscito. Esultiamo. Ma ora la tensione sale.

Ecco Katandica: quattro case e poche capanne; un lungo prato approssimativamente regolare è un aeroporto abbandonato dai governativi all'indomani della costituzione delle truppe guerrigliere della RENAMO.
Autoblindo in formazione a stella con i mitragliatori MG in puntamento. I fucilieri balzano dai mezzi e costituiscono un cordone di protezione, con il fucile in caccia. Al centro i mezzi portoghesi con gli shelter radio.
Comincia ad arrivare gente, incuriosita. Non sembrano malintenzionati. Del resto non attendiamo che pochi minuti: eccoli, gli uomini del deserto del Kalahari, sorridenti ma carichi di armi e munizioni in quantità sorprendente. Anche alcuni dei loro fanno sicurezza accanto ai nostri fucilieri: altri si scambiano ordini, informazioni, fraternizzano con noi.

Quell'espressione - Nazioni Unite - e quella bandiera che sventola sulle antenne dei nostri autoblindo, sono adesso realtà in questo spiazzo di terra battuta che accoglie sotto un solo simbolo uomini di Paesi lontani che lavorano per la pace. Da poco, in accampamento, avranno fatto l'alzabandiera e il drappo innalzato a sventolare è quello blu dell'ONU. Ne sono fiero, come, mi sembra, tutti i miei amici; sull'elmetto, comunque, è incastonata una penna nera...
Ma neanche ora c'è tempo per meditare. Ripartiamo quanto prima.
Tornando verso l'accampamento il sole è già alto e ci mostra il fascino violento di questa terra desolata e sofferente che si sta facendo largo nei nostri cuori.

alpini esercito militari militaria missioni onu adozioni a distanzaRacconto inviatoci dall'autore Marco Dalla Torre (iscritto al sito) e apparso sul libro a cura dell'Ass. Naz. Alpini "La Penna del Najone" (Mursia Editore, Milano 2008), racconti di alpini del servizio di leva.
[nella foto Dalla Torre e il suo radiofonista con due militari del Botswana]

1 commenti:
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GraficWorld ha detto...
05/11/08, 21:49  

Un blog pieno di emozioni vissute..bello!!

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